mercoledì 15 agosto 2012

VOGLIA DI VIAGGIARE - Hermann Hesse

Oggi voglio condividere con voi un testo di Hermann Hesse, Voglia di viaggiare (1910), che ho letto nella raccolta Storie di vagabondaggio. E' un libro pieno di riflessioni sul viaggiare e tutto ciò che comporta spostarsi, muoversi fisicamente ma anche mentalmente. Il poeta è felice quando viaggia, quando i suoi occhi vedono posti mai visti prima, quando assapora cibi e pietanze straniere, quando conosce gente diversa da lui. 
Credo che non ci sia bisogno di spiegare troppo questo testo, vi trasmetterà (spero!) una grande voglia di viaggiare, una grande passione per la Vita.

Siamo in pieno inverno, la neve si alterna al foehn e il ghiaccio al fango, i sentieri di campagna sono impraticabili, si è tagliati fuori dal mondo. Il lago, nel gelido mattino, esala bianchi vapori e forma un bordo di ghiaccio fragile come il vetro; ma al primo vento caldo ondeggia di nuovo nero e vivo e verso est diventa azzurro come nelle più belle giornate di primavera. 
E io sono seduto nel mio studio ben riscaldato, leggo libri inutili, scrivo articoli inutili e faccio pensieri inutili. Qualcuno dovrà pur leggere alla fine tutte le cose che vengono scritte e pubblicate di anno in anno, e dato che non lo fa nessuno, lo faccio io, appunto, in parte per interesse e solidarietà verso i colleghi, in parte per pormi come schermo critico e come paraurti fra il pubblico e le valanghe di libri. Molti libri sono effettivamente belli e intelligenti e degni di essere letti. Ciononostante mi sembra a volte che la mia attività sia del tutto superflua e la mia volontà diretta a scopi assolutamente sbagliati. 
Entro spesso per qualche attimo in camera da letto dove è appesa alla parete la grande carta geografica dell'Italia, e mi spingo con occhi desiderosi oltre il Po e l'Appennino, attraverso le verdi valli della Toscana, lungo le insenature blu e gialle della Riviera, sbircio giù fino alla Sicilia e mi perdo verso Corfù e la Grecia. Dio mio, com'è tutto vicino! E quanto presto si può essere dappertutto! E fischiettando me ne torno al mio studio, leggo libri inutili, scrivo articoli inutili e faccio pensieri inutili. 
L'anno scorso sono stato sei mesi in viaggio, due anni fa cinque mesi, e in effetti per un padre di famiglia, campagnolo e giardiniere, è tanto, e quando sono tornato a casa l'ultima volta, poco tempo fa, dopo essere stato ammalato mentre ero all'estero, operato e costretto a letto per un lungo periodo, mi sembrò giunto il momento di far pace con me stesso e diventare casalingo per un lungo periodo, se non per sempre. Ma appena il dimagrimento e la spossatezza furono superati e mi rimisi in sesto, dopo appena un paio di settimane trascorse fra i libri e consumando un po' di carta da scrivere, il sole brillò un giorno così incredibilmente giallo e giovane sulla vecchia strada provinciale, e sul lago scivolò un battello nero con una grande vela bianca come la neve, e io allora pensai a come era breve la vita - e improvvisamente di tutti i propositi, i desideri e i progetti, non rimase nient'altro che una bella, inguaribile voglia di viaggiare. 
Ah, la vera voglia di viaggiare non è altro che quella voglia pericolosa di pensare senza timori di sorta, di affrontare di petto il mondo e di voler avere delle risposte da tutte le cose, gli uomini, gli avvenimenti. Una voglia che non può essere placata con progetti e dai libri, che esige sempre di più e costa sempre di più, in cui bisogna mettere il cuore e il sangue. 
Davanti alla mia finestra il dolce, tiepido vento d'occidente fruga nel lago nero, senza nessuno scopo, infuriando nella sua passione e consumandosi, selvaggio, insaziabile. 
Così selvaggia e insaziabile è la vera voglia di viaggiare , lo stimolo di conoscere e di sperimentare cose nuove, che nessuna conoscenza e nessuna esperienza riescono a saziare. Uno stimolo che è più forte di noi e di tutte le catene, che vuole sempre più sacrifici da chi ne è dominato. 
Non ci sono forse uomini che vanno a caccia di denaro, e del favore delle donne e di principi in maniera selvaggia e oltre ogni limite, fino alla rovina? Ecco così andiamo a caccia noi, noi patiti di viaggi, di ciò che si può prendere dalla madre terra, con il desiderio di essere un tutt'uno con lei, possederla e abbandonarsi a lei, in una misura che non si può ottenere, ma solo sognare, desiderare, agognare. 
E forse questa nostra caccia, questa passione non è niente di diverso e di migliore di quella del giocatore, dello speculatore, del dongiovanni, dell'arrivista. 
Ma a questo punto della vita la nostra passione mi sembra migliore e più degna di tante altre. 
Quando la terra ci chiama, quando a noi vagabondi giunge il richiamo del ritorno e per noi irrequieti si delinea il luogo del riposo, allora alla fine non sarà un congedo, una timida resa, ma piuttosto un assaporare, grati e assetati, la più profonda delle esperienze. Siamo curiosi di conoscere il Sudamerica, le insenature inesplorate dei mari del sud, i poli della terra, il segreto dei venti, delle correnti, dei lampi, delle valanghe - ma ancor più infinitamente curiosi siamo di conoscere la morte, l'ultima e più ardita esperienza di questo nostro essere sulla terra. Poiché crediamo di sapere che di tutte le cognizioni ed esperienze, possono essere ben meritate e soddisfacenti solo quelle a cui dedichiamo di buon grado la nostra vita. 

2 commenti:

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