giovedì 27 settembre 2012

Una riflessione "di corsa"

Lo smalto non è ancora asciutto, ma io fremo dalla voglia di scrivere. Era da un po' che non mi mettevo davanti al pc e condividevo le mie riflessioni in italiano. L'ho fatto in spagnolo in questi ultimi giorni, non so bene perché: forse certe cose sono più belle scritte in spagnolo e basta. 
Stasera, chissà, saranno Guccini, Battisti o Mina che mi donano una piccolissima parte della loro ispirazione mentre li ascolto alla radio. So solo che scrivere, per me, è una grande liberazione. Di energia, di pensieri. Di una parte di me, sempre. 


E' il secondo giro che faccio attorno al parco, di camminata veloce, e io sono ancora quà a pensarci. Sono passate ormai due settimane, e io non riesco a togliermi la nostra immagine dalla testa. Sto diventando assai monotematica e non gradisco, no grazie. Eppure... i tuoi nei me li ricordo tutti. Uno, due, tre, quattro e subito dopo la tua bocca assetata. 
Ora scatto e corro, e non ci penso più. Oppure si, ci penso, ma la memoria mi fa brutti scherzi e il tuo volto non riesco a vederlo nell'insieme, solo a pezzi, quasi come fosse un puzzle da risolvere. Come il mistero che sei, ahimè. E continuo a ripetermi, mentre il respiro diventa sempre più affannoso, che il bello è nella semplicità delle cose, nella loro chiarezza, nel dirci ora, senza indugio, quel facciamo escludendo geografie o evitando quella pelle troppo scottata da una breve storia senza fine. 
Devo fermarmi, le fitte cominciano a farmi male e la musica che esce dalle cuffie non l'ascolto più. Un ragazzo con la canottiera gialla mi passa vicino, di corsa, e mi sorride. "E' bello", penso compiaciuta. Ma, all'improvviso, il tuo viso compare nella mia memoria con tutta la sua forza. Adesso ricordo ogni dettaglio  (chi pensa più a quel ragazzo del parco?), e quasi mi manca il fiato ripensando a quella panchina, le mie gambe incrociate, tu che mi scruti in silenzio, io che non capisco perché.
Il puzzle del tuo viso è fatto, ora resta il tuo mistero a farmi compagnia stanotte. E domani, dopodomani....

lunedì 3 settembre 2012

In treno per Milano con Eddie Vedder

Il treno per Milano è tranquillo, è mattina presto e non c'è molta gente nella carrozza dove mi trovo io. Vicina al finestrino riesco a vedere il paesaggio: lasciatami Bologna alle spalle, il verde della campagna emiliana si fa vedere; qualche spruzzo di giallo quà e là, le tipiche case italiane dai tetti tipicamente rossi, le colline che si vedono all'orizzonte. Che bella l'Italia! Mi piace viaggiare in treno perché riesco a godermi il viaggio.
Inmancabilmente la musica: Eddie Vedder è la colonna sonora di questo viaggio e mi dice I'll keep on healing all the scars that we've collected from the start. La sua voce rispolvera ricordi ormai lontani nel tempo e nello spazio, ma comunque presenti. Guardare Into the wild non fu più la stessa cosa per me (da quant'è che non lo guardi?). Ma le immagini si sovrappongono nella mia memoria e, se prima rievocavo un letto in una stanza e McCandless mangia una pianta velenosa, ora sono qui a chiedermi dove sarò tra un anno, tra cinque, dieci. Uff, dieci no, troppi, meglio un anno. Trecentosessantacinque giorni in cui potresti fare milioni di cose, cose che hai sempre sognato di fare, visitare posti mai visti prima, scattare una foto che ne valga il viaggio, scrivere ed essere serena. Cos'è la serenità per te? Avere una fissa dimora, un lavoro soddisfacente, qualcuno da amare senza ma, però, perché. Non ne sono tanto sicura, agogni la serenità da quando avevi quattordici anni, forse da molto prima, sin da quando scrivevi poesie d'amore per un ragazzino che non conoscevi nemmeno. Non conosco serenità se non quella effimera che mi sforzo di cercare quando respiro profondamente e conto fino a dieci. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10.

Una ragazza mi riporta nel presente, nella carrozza del treno per Milano. Lascia a tutti i passeggeri un bigliettino con scritto Ho due figli e non ho un lavoro. Ho fame, aiutatemi. Grazie. Chiede solo una moneta, ma quasi nessuno vuole dargliela. Io la guardo caritatevolmente e le dico "mi dispiace". Lei se ne va a mani vuote e lascia a metà un per fav... Passano due minuti e mi sento in colpa. 
Penso a quanto sia ipocrita, e io mi credo una persona sensibile! L'indifferenza con cui ho negato a quella ragazza una moneta mi lascia perplessa, anche se non è la prima volta che faccio una cosa simile. Mi chiedo perché non aiutare la gente che ha bisogno. E' perché siamo degli avari? Non credo, una moneta non ci cambia la vita. E' forse perché crediamo che, così come noi abbiamo cercato e trovato un lavoro, anche chi chiede l'elemosina può farlo? Diamo per scontato che sono persone pigre, che non vogliono lavorare. Ecco il punto: noi riteniamo che negando una moneta, facciamo loro un favore. Cerchiamo di istruire chi elemosina, insegnandogli una bella lezione di morale.
Ma io ora, sto meglio dopo aver negato a quella ragazza una moneta? E se lei, con quelli che per me sono degli spiccioli, avesse potuto comprare il latte per i suoi bambini, o il pane da mangiare a cena? E se non fosse vera la sua storia? Sono forse io, ora, una persona migliore per aver svelato l'inganno?

La voce di Eddie Vedder esce ancora dalla cuffie e per un attimo silenzia i miei pensieri sulla colpa e la falsa morale che ci abitano. Non riesco, però, ad ascoltarlo senza sentirmi stringere il cuore: saranno i ricordi, la fine di McCandless o il male di vivere che spesso riscontro nelle sue note. Ma poi mi basta un secondo per guardarmi intorno e spazzare via i grigi: il treno è da poco entrato a Milano Centrale, poi prenderò l'Eurocity per Lugano. Ho già spento il lettore mp3 e osservo serenamente l'arrivo del convoglio in stazione. Il mio viaggio è appena iniziato.

Lugano_escudo
Arrivo a Lugano -bsz2012